La presenza del cavallo nella zona risale certamente ad epoca pre-romana, ma la prima grande evoluzione di tale presenza si ha con le Guerre Puniche con immissioni e conseguenti meticciamenti che si ripetono anche successivamente.

La transumanza di andata e ritorno, indotta dalle guerre, la quale genera il primo dato di identità, è realizzata nel II e III secolo a.c. dall’Africa settentrionale al centro Italia e viceversa. Il primo grande movimento è realizzato tra la fine della Prima guerra Punica e la conclusione della Terza (241-146 a.c.) con la quale le armate di Cartagine (nei pressi dell’odierna Tunisi) popolarono di cavalli numidico-iberici (Berberi, Arabi ed i progenitori del cavallo Andaluso) la penisola italica. Annibale parte dal Nord Africa, lascia lo zio Asdrubale a Cartagena in Spagna (ove questi rimase per molti anni), attraversa le Alpi con 50.000 uomini, 6000 cavalieri e 37 elefanti con i quali, nell’arco di 34 anni, attraversa l’Italia, si spinge fino alle pianure del napoletano ed a Canne in Puglia ove fa razzia anche di equini di quella regione per preparare l’assalto a Roma. Durante la Seconda e la Terza Guerra Punica Scipione l’Africano effettua il movimento in senso contrario dal centro Italia lungo le coste mediterranee di Italia, Francia, Spagna ed Africa settentrionale sino a Cartagine ove fa giungere anche ulteriori 4000 cavalieri via mare, sbarcandoli ad Utica. Nei movimenti degli eserciti, che duravano anni e lasciavano insediamenti nelle province,  le Legioni romane portarono esemplari di equini italici a Italica, nei pressi dell’odierna Siviglia, ove vissero per i successivi 5 secoli. Le rimesse in beni,i richiami alle armi ed i costanti rapporti con Roma indubbiamente portavano e riportavano anche meticciamenti nel mondo equino.

Successivamente, a ridosso della Roma imperiale, i pascoli locali, precipuamente destinati alla pastorizia, hanno visto l’allevamento di  equini rustici ed adattabili, per costituzione fisica e temperamento, adatti al lavoro agricolo, agli attacchi , al trasporto per i trasferimenti a sella e quindi anche alle necessità operative delle Decuriae di cavalleria della Legione Romana. La legione era composta per classi sociali,  i cavalli erano posseduti da chi poteva permetterselo e spesso  erano coloro che avevano proprietà fuori dalla cinta urbana. Le Decuriae erano infatti composte in netta prevalenza da Decurioni di stirpe italica che, possidenti terreni o greggi e spesso con cariche amministrative delegate dal potere, costituivano i Reparti di cavalleria dell’esercito imperiale romano.

Nel XII secolo, soprattutto a cura del cultore di cavalli Ferdinando II di Svevia e per effetto del ritorno delle armate cristiane dalle crociate, vi fu un’immissione sulle linee cavalline nostrane di cavalli leggeri e veloci

Un chiaro e prestigioso discendente di quella stirpe equina così formata, fu il Corsiero Napolitano (linea dominante nel periodo 1400-1700 e razzatore in quasi tutte le linee equine del Continente) la cui presenza è certa anche nella provincia di Rieti sino al 1860. Quella razza cominciò a disperdersi e si ritrova ora maggiormente nella linea di Araldo delle Murge della razza riconosciuta del cavallo Murgese.  Immagini del Corsiero Napolitano sono a Palazzo Braschi a Roma, già proprietà degli Odescalchi, i quali nei dintorni di Roma, nei castelli di Bracciano e Santa Marinella tenevano cavalli che “vincevano le corse”. Altrettanto, facendo anche lui ritrarre suoi cavalli per arredare Palazzo Braschi, faceva il principe Camillo Rospigliosi che ne teneva presso gli allevamenti di Zagarolo e Maccarese.

I rustici cavalli delle Puglie cominciarono a venire immessi regolarmente in Abbruzzo e nell’alto Lazio, e poi da qui verso Roma, a cominciare dal  1 agosto 1447, con l’Editto del Re Alfonso d’Aragona che istituì la Transumanza Aragonese il cui tragitto per tratturi e tratturelli congiungeva il Tavoliere con l’Aquila: l’obbligo di merinizzare le pecore e portare per lunghi tragitti le greggi nelle puglie per l’inverno, generò continui meticciamenti tra le linee cavalline delle terre connesse. Peraltro, va ricordata la più consistente meticciatura volontaria di una linea cavallina. All’inizio del XVI secolo, sono state portate in Spagna a cura dell’appassionato e competente Imperatore Carlo V d’Asburgo, 500 fattrici di Corsiero, così realizzando definitivamente il moderno cavallo spagnolo , il quale poi generò tutte le razze equine del continente americano attraverso le armate spagnole che lo immisero lì, dalla scoperta del Continente in poi, alla fine di quello stesso secolo. Analogamente, sempre a cura dei regnanti d’Aragona avvenne anche una ispanizzazione del cavallo dell’Italia meridionale, replicando quantogià avvenuto in epoca romana.

Dal 1600 in poi l’alta Valle del Velino fu terra di Briganti tra lo Stato Pontificio ed il Regno delle Due Sicilie, attraversata dalla Via Salaria, ed era stata sul percorso delle grandi transumanze che legavano l’Agro Romano al Tavoliere delle Puglie. Proprio in queste due aree all’inizio ed alla fine di questo collegamento, più recentemente, sono state recuperate alle antiche fattezze antecedenti alle grandi guerre del secolo scorso, le linee cavalline, da una parte, del Maremmano Laziale e dall’altra del più antico Cavallo Murgese.  Nel mezzo, l’appenino tra le cime del Gran Sasso e del Terminillo ha sempre offerto ed offre tutt’ora, a cavallo del tratto più impervio e meno popolato della Via Salaria, tra il Monte Nuria ed ilMonte Giano, una nicchia di biodiversità.

L’idea di riportare sulle montagne dell’alta valle del Velino una linea cavalina caratteristica ,  adatta all’ambiente del luogo e che potesse anche in termini di attitudini identificarsi con le caratteristiche dell’eco-sistema, nasce nella prima metà degli anni ’90. Era emerso ormai chiaramente che i pochi muli e somari esistenti venivano preferiti ai cavalli per il lavoro di sfruttamento dei boschi (già ormai a partire dal secondo dopoguerra) ed il cavallo TPR (Traino Pesante Rapido) era stato importato per uso alimentare e perchè la tenuta di questi esemplari era foraggiata da contribuzione pubblica.

Quindi sono state  portate a Borgo Velino due puledre Murgesi figlie dirette dei capostipiti Everest ed Ulisse, rispettivamente della linea di Araldo delle Murge e di quella di Granduca di Martina. Divenute fattrici, sono state qui coperte dallo stallone Andaluso Escudero, classe 1993, di manto grigio e della linea Yeguada Militar, voluta da Carlo V.  Sono qui nate Sigma e Safya,  le quali sono state prolifiche negli anni successivi.

Le proporzioni fra le lunghezze e le masse sono particolarmente ricercate al fine di addivenire all’omogeneità del complesso cavallino, nella considerazione che la evoluzione naturale del cavallo non può aver creato sproporzioni fra la lunghezza degli arti ed il tronco o tra la testa ed il complesso di spalla e collo oppure tra l’anteriore ed il posteriore. Le sproporzioni evidenti in alcune linee sono state chiaramente e volontariamente prodotte dall’attività allevatoriale condotta dall’uomo, al fine di ottenere una tendenza ad alcune prestazioni piuttosto che altre. In sostanza, è stato l’uomo a ricercare lo squilibrio fisico di alcune linee cavalline, alla ricerca dell’eccellenza in alcune particolari prestazioni (quali il salto, la velocità, il traino pesante o altri movimenti troppo specifici) nell’assurda pretesa, o nella noncuranza, che l’aspetto psicologico e mentale dell’animale non ne dovesse risentire, sensibile ma non ombroso, rispondente agli impulsi ma sereno. L’omogeneità delle proporzioni fra lunghezze e masse,  in funzione delle dinamicità espresse dall’animale-cavallo è il complesso armonico e naturale che consente la migliore espressione psicofisica, cioè IL MOVIMENTO più appagante per l’animale e DI CONSEGUENZA il suo PENSIERO più evoluto, sospinto dal carburante delle endorfine che nell’enorme prateria della sensibilità equina può costituire un accelleratore forte della psicologia evolutiva.

Ciò nella considerazione che il complesso armonico delle proporzioni ed il giusto rapporto fra lunghezze e masse (in sostanza, l’EVOLUZIONE NATURALE DEL CAVALLO in libertà) è la condizione per il migliore adattamento dei movimenti all’ambiente ed agli impulsi esterni, cosa che consente anche il migliore sviluppo mentale, aiutato dall’assenza di squilibri.

E’ però purtroppo chiaro che le evoluzioni psicomotorie ed intelletive auspicate hanno una dinamica temporale tanto dilatata quanto delicata. In tale senso, il Progetto del Corsiero Europeo ha consapevolmente accettato tale fisiologia ricercando quelle azioni possibili che possano incontrare e facilitare il processo positivo.